Il treno dei bambini – Viola Ardone

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“È il 1946 quando Amerigo lascia il suo rione di Napoli e sale su un treno. Assieme a migliaia di altri bambini meridionali attraverserà l’intera penisola e trascorrerà alcuni mesi in una famiglia del Nord; un’iniziativa del Partito comunista per strappare i piccoli alla miseria dopo l’ultimo conflitto. Con lo stupore dei suoi sette anni e il piglio furbo di un bambino dei vicoli, Amerigo ci mostra un’Italia che si rialza dalla guerra come se la vedessimo per la prima volta. E ci affida la storia commovente di una separazione. Quel dolore originario cui non ci si può sottrarre, perché non c’è altro modo per crescere.”

Amerigo Speranza è l’io narrante di una storia straordinaria, dura, di un romanzo che racconta la vicenda poco conosciuta di migliaia di bambini meridionali che nel secondo dopoguerra, grazie al Partito Comunista, vennero strappati alla miseria e affidati a famiglie del Nord e del Centro.

Amerigo è povero, vive a Napoli con la madre Antonietta, figlio unico senza un padre, forse sparito in America, «a faticare». La madre decide di offrirgli l’opportunità di una vita migliore, non vuole più mandarlo a raccogliere le «pezze»; per lui desidera scuola, cibo, salute. Il bambino parte per il Nord spaventato dalle dicerie sulle cattiverie e sulla crudeltà dei comunisti ( i comunisti mangiano i bambini!); sale sul treno per recarsi in un altrove sconosciuto dove troverà, gli hanno garantito, una famiglia affettuosa e una casa accogliente. Al nord, a Modena per l’esattezza, troverà Darma e una famiglia accogliente, una nuova scuola, nuovi amici e il cibo che ogni giorno sarà una scoperta. E nuove scarpe che sono un po’ la passione di Amerigo

“Guardo le scarpe della gente. Scarpa sana: un punto; scarpa bucata: perdo un punto. Senza scarpe: zero punti. Scarpe nuove: stella premio. Io scarpe mie non ne ho avute mai, porto quelle degli altri e mi fanno sempre male. Mia mamma dice che cammino storto. Non è colpa mia. Sono le scarpe degli altri. Hanno la forma dei piedi che le hanno usate prima di me. Hanno pigliato le abitudini loro, hanno fatto altre strade, altri giochi. E quando arrivano a me, che ne sanno di come cammino io e di dove voglio andare? Si devono abituare mano mano, ma intanto il piede cresce, le scarpe si fanno piccole e stiamo punto e a capo.”. 

Il risultato sarà una storia di crescita ma anche una storia spezzata di un bimbo che ha un pezzo del suo cuore al nord e un pezzo al sud.

Il romanzo è bellissimo e costruito attorno alla storia vera di migliaia di bambini che tra il 1946 e il 1952  vennero portati al nord utilizzando dei treni che chiamarono “i treni della felicità” in cui  bimbi dai 4 anni ai 12 che provenivano da famiglie povere, orfani e che vivevano praticamente per strada, vennero portati per alcuni mesi nelle regioni del Centro Nord, in affidamento ad altre famiglie contadine un poco più agiate in modo da superare l’inverno. Qui furono rivestiti, mandati a scuola e curati.

La bellezza del racconto però è racchiusa nella voce narrante che è quella del bambino Amerigo che ci racconta la storia, un pezzo della nostra storia italiana. E lo fa con l’ingenuità tipica dei bambini che scoprono il mondo come un puzzle che si forma giorno dopo giorno.

Editore Einaudi – Pagine 200 – Formato cartaceo, Ebook

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